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L’IA cerca di comportarsi come gli umani?

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L’intelligenza artificiale generativa sta rapidamente trasformando il nostro modo di interagire con le macchine, portandoci spesso a chiederci quanto le sue risposte si avvicinino al pensiero umano. Questa riflessione mi è sorta dopo una recente esperienza con una genAI, che chiamerò “Pippo”, e che vi racconto brevemente.

Chiesi a Pippo quale fosse stata la variazione negli ultimi cinque anni di una specifica voce di spesa. La sua risposta fu sorprendente: “è aumentata da 35,53 a 35,50 mld. di € per queste ragioni… (e ha poi illustrato le motivazioni per le quali la spesa era aumentata)”.

Immediatamente, feci notare che, se i valori forniti erano corretti, non era logicamente possibile affermare che la spesa fosse cresciuta. Un’affermazione palesemente in contraddizione con i dati presentati.

La reazione di Pippo fu, a suo modo, peculiare. Ammise l’errore e cercò di giustificarlo attribuendo la colpa a “differenti sistemi di misurazione e conversione delle valute”. Successivamente, non solo confermò le cifre iniziali, ma con estrema chiarezza, spiegò per quali ragioni la spesa fosse rimasta sostanzialmente stabile, offrendo una narrazione completamente diversa dalla precedente.

Questo episodio mi ha spinto a riflettere: un essere umano si sarebbe comportato esattamente così?

La tendenza dell’IA a “confabulare” o a giustificare le proprie contraddizioni, anche dopo essere stata corretta, solleva interrogativi sulla sua capacità di “ragionamento” e sulla distinzione tra la generazione di testo plausibile e una reale comprensione logica dei dati.

ACW

18/07/2025